giovedì 20 novembre 2008

" La cortina fumogena "

Strano destino, quello di Trieste, città dalle potenzialità pressocché infinite, ma ahimé, inespresse (Porto, città della scienza, aree da reindustrializzare) e perennemente condannata a restare al palo. Da porto e perla dell'Impero Asburgico (forse giova ripeterlo proprio a ridosso delle celebrazioni dei novant'anni dalla prima redenzione) a palla al piede del Regno e della Repubblica italiani. Pochi investimenti, assenza totale di strategie di sviluppo degne di questo nome, norme assitenziali e asseritamente risarcitorie a sostegno dell'economia della città (Fondo Trieste), alcuni insediamenti industriali (l'ex GMT oggi Wartsila) ottenuti in cambio della dismissione del polo cantieristico, e poi, a cavallo tra gli anni ottanta e novanta, alcune norme (legge sulle aree di confine) per ottenere qualche spicciolo che non compensa affatto lo iato lasciato dalla dismissione di attività industriali e dal tramonto delle partecipazioni statali.
Allora si diceva fossero problemi derivanti dall'eccessiva vicinanza alla cortina di ferro. Caduta la cortina di ferro ha provveduto la classe politica locale, in special modo quella incarnata dal precedente ed attuale centrodestra ad elevare una cortina di fumo, la cui spessa coltre risulta più impermeabile del ferro. E' a coloro i quali oggi portano il lutto al braccio in ricordo della »scellerata« firma del Trattato di Osimo (ed ai loro predecessori) che vanno ascritte le maggiori responsabilità. Sono loro che si percuotono il petto esortando alla vocazione portuale della città tradita, salvo poi fare quadrato per negare allo scalo triestino la possibilità di dotarsi di un'area retroportuale adeguata (Fernetti) che gli consenta di recuperare quelle superfici mancanti in prossimità del mare. Sono sempre loro che antepongono le proprie misere rendite di posizione elettorale a qualsiasi ipotesi seria e strategica di sinergia con gli altri porti dell'Adriatico settentrionale.
Sono stati ancora loro, in tempi recentissimi, a promettere la chiusura dello stabilimento siderurgico di Servola, anzi ad impegnarsi di ottenerlo in tempi brevi, salvo rimangiarsi tutto pochi giorni dopo le elezioni, scoprendo improvvisamente che qualsiasi ipotesi di dismissione o trasformazione non può che passare da un confronto con la proprietà, unica vera vincitrice di una pluriennale quanto stucchevole finta querelle, nella quale gli unici ad averci rimesso sono per ora i lavoratori ed i cittadini, anche quelli illusi a più riprese da una destra senza alcun progetto politico che non sia la difesa dell'italianità. E sono ancora loro a non sapere cosa dire a fronte delle ultime novità. La Lucchini Severstal annuncia la creazione della Lucchini Energia, preannuncia la costruzione di una seconda centrale elettrica alimentata a gas, eventualmente autonoma dal futuro rigassificatore di Gas Natural e preannuncia quindi un'ipotesi di cosiddetta diversificazione della produzione che potrebbe preludere anche al superamento della siderurgia, prodromo di una prossima conversione di Trieste a polo energetico e vocazione portuale finalmente realizzata (piattaforma logistica, nuovi moli). Potrebbe essere la quadratura del cerchio se non fosse per un particolare non da poco: i numeri svelati rivelano che anche ove tutto andasse, da qui in poi, secondo i piani di Lucchini Severstal e degli asseriti sostenitori del rilancio del porto, alla città rimarrebbe un problema di almeno cinquecento esuberi, perché l'ipotetica filiera virtuosa azzardata giorni fa sul quotidiano locale (rigassificatore + seconda centrale Lucchini + piattaforma logistica + bonifiche ) potrebbe servire ad occupare 500 persone per quattro anni nella fase di costruzione dei nuovi impianti), mentre a regime resterebbero forse 300 posti di lavoro »buoni«. La città si ritroverebbe con un saldo negativo di circa 700 posti di lavoro solo considerando la Ferriera di Servola. Noi sappiamo, l'abbiamo scritto e documentato, che in questi ultimi sei anni a Trieste é già stata chiusa una Ferriera, se prendiamo in esame tutte le situazioni di crisi aziendali della nostra provincia (l'ultimo esempio é la Stock, che non é in crisi ma delocalizza la sede operativa ad ovest e la produzione ad est, presumibilmente nella Repubblica Ceca, quindi in ambito UE), sappiamo che gran parte delle lavoratrici e dei lavoratori posti in mobilità in questi ultimi anni non sono stati ricollocati (Olcese, Eurand, Demont, Meloni, Veneziani, Smolars, Utat, Universaltecnica, Lloyd Editoriale e Stock, appunto), per un totale di 498 lavoratrici e lavoratori che non hanno ricevuto risposta alla propria effettiva condizione di crisi.
Oggi si riapre l'ennesima discussione sulle prospettive future di Trieste, dimenticandosi che Lucchini aveva ipotizzato la costruzione di una seconda centrale elettrica già molti anni orsono (ai tempi dei tavoli convocati dall'allora assessore regionale Dressi) e nell'anno di grazia duemila sembrava che tra centrale di cogenerazione della Elettra GLT SpA e (allora) nuovo inceneritore gestito da Acegas Spa il teleriscaldamento avrebbe servito più di cinquantamila unità abitative della nostra città, a tariffe stracciate.
Oggi ci riprovano. Il centrodestra continua a vendere fumo, il grande capitale industriale continua muoversi a proprio agio ed a trarre profitti alimentandosi dalla cortina fumogena che serve, se non altro, a prendere i voti per governare comune e regione. Stanno già disegnando la mappa del nuovo fronte mare industriale ad est (nuove banchine e moli, piastra logistica, nuova centrale elettrica a gas, nuovo inceneritore, bonifica del sito di interesse nazionale), ad ovest avremo il salotto buono. Porto vecchio riqualificato e Parco del mare. Devono spiegarci ancora dove prenderanno i soldi: Lucchini Severstal afferma che la nuova centrale comporta un investimento da 300 milioni di euro, la piastra logistica ne valeva 278 tre anni fa (di cui disponibili 78), le bonifiche costano altrettanto. A spanne, e per difetto, sarebbero quasi 900 milioni di euro. Chi ce li mette?
Intanto il premier Berlusconi ha chiuso il vertice italo – tedesco impegnandosi a tenere il prossimo G8 degli esteri nella nostra città: proporre di nuovo un G8 sull'ambiente a Trieste sarà sembrato eccessivo anche al re dei buontemponi.

Trieste, 19.11.2008
Igor Kocijančič
Consigliere regionale PRC – SE
Presidente gruppo consiliare La Sinistra L'Arcobaleno

lunedì 10 novembre 2008

Renzo Tondo e gli sloveni - Renzo Tondo in Slovenci


Il Presidente della giunta regionale Renzo Tondo, intervenendo ieri al congresso regionale del partito Slovenska skupnost, ha affermato che nel momento storico che stiamo vivendo sia sbagliato accentuare le diversità, anche quelle linguistiche. Anzichè raccontarlo ai congressi potrebbe suggerirlo anche ai consiglieri regionali della sua maggioranza ed al senatore Ferruccio Saro, che insistono nel tentativo mistificatorio di invenzione ed istituzione, per legge, di ben tre nuove lingue: natisoniano, po-nasen (sic!) e resiano, con l’unico intento di dimostrare l’esistenza nella nostra regione di lingue “slavofone” avulse dallo sloveno.
Agli amici della Slovenska skupnost impegnati nel progetto di costruzione del partito etnico, o di raccolta, di tutti gli sloveni d’Italia ricordo sommessamente che il presunto livello di autonomia politica derivante dall’assenza di vincoli e condizionamenti dagli schieramenti maggiori di solito si concretizza con un quantum in più di mobilità: si può stare indifferentemente, a seconda di convenienze contingenti, con il centrodestra e con il centrosinistra, un po’ come il Partito Pensionati in Italia ed in regione ed il DeSus (anch’esso partito dei pensionati) in Slovenia.
Alcuni di noi sloveni impenitenti e convinti della propria militanza ed appartenenza nei nostri partiti invece non solo riteniamo che non vi sia alcuna possibilità di reale interlocuzione e confronto alla pari con il centrodestra fino a quando prevarranno all’interno di quello schieramento preclusioni ideologiche e propensioni persecutorie nei confronti della minoranza slovena in Italia, ma anche che non intendiamo affatto lasciare agli amici della Slovenska skupnost la delega per la rappresentanza degli sloveni in Italia.
Trieste, 8 novembre 2008

Igor Kocijančič
Consigliere regionale PRC - SE
Presidente gruppo consiliare regionale La Sinistra L'Arcobaleno
Predsednik deželenega ofbora Renzo Tondo je med svojim včerajšnjim posegom na deželnem kongresu stranke Slovenske skupnosti izjavil, da ton i primeren trenutek za poudarjanje različnosti, tudi jezikovnih. Namesto, da bi to pravil na kongresih bi raje to dopovedal deželnim svetnikom njegove lastre večine ter senatorju Ferrucciu Saru, ki vztrajajo v mistifikatornem poskusu umetnega ustvarjanja in ustanavljanja po zakonu kar treh novih jezikov: nedižščine, po-nasen (sic!) ter rezijanščine, z edinim namenom, da dokažejo obstoj na deželnem ozemlju “slovanskozvenečih” samostojnih jezikov, ki naj bi bili ločeni od slovenščine.
Prijatelje Slovenske skupnosti, ki si prizadevajo uresničitev etniche zbirne stranke vseh Slovencev v Italiji opozarjam na dejstvo, da bi domnevna raven politične avtonomije, ki bi izhajala od odsotnosti omejitev in pogojevanj večjih vsedržavnih strank se navadno udejanja s kančkom več pomičnosti: lahko se uvrščaš, glede na trenutno ugodnost, v desno ali levo sredino, nekako tako kot stranka Upokojencev v Italiji in naši deželi ter DeSus (ki je tudi stranka upokojencev) v Sloveniji.
Nekateri izmed nas trmastih Slovencev in prepričanih v svoje delovanje in pripadnost lastnim strankam pa ne samo, da izključujemo kakršnokoli možnost enakopravnega dialoga in konfrontacije z desno sredino, dokler bodo znotraj tiste zasedbe prevladovala ideološka zaprtja in preganjalska nagnjenost v odnosu do slovenske manjšine v Italiji, temveč tudi, da sploh ne numeravamo prepuščati prijateljem Slovenske skupnosti pooblastila za predstavništvo Slovencev v Italiji.
Trst, 8. novembra 2008

Igor Kocijančič
Deželni svetnik SKP - EL
Predsednik deželne svetniške skupine Levica Mavrica

mercoledì 5 novembre 2008

"Slavofoni" menati per il naso

Come volevasi dimostrare. Confidando sul fatto che l’intera giornata di giovedì sarà dedicata alla discussione ed alla votazione della legge regionale sul commercio, i prodi presentatori della mozione n. ro 12 intitolata “Richiesta di modifica dell’art. 2 della legge 15 dicembre 1999, n. 482 – tutela delle lingue denominate Natisoniano, Po-nasen e Resiano della Provincia di Udine”, che gronda pressappochismo ed ignoranza, hanno colto la palla al balzo per rinviare ulteriormente la discussione del testo, che, se va bene, si farà a gennaio del prossimo anno. Questa per il momento è l’unica certezza, poiché nell’ultima sessione di novembre sarà difficile trovare spazi per discutere mozioni, dopodiché inizierà il complesso iter di approvazione della finanziaria regionale, all’interno del quale non ci può essere spazio per altri provvedimenti.
Ma anche fosse discussa ed approvata, sarebbe difficilmente collocata tra le priorità del governo nella fase attuale, che è piuttosto complicata. La domanda sorge spontanea, come fanno a farsi menare ancora per il naso dal senatore Saro e da alcuni consiglieri regionali coloro i quali rivendicano con orgoglio l’appartenenza natisoniana, resina e po-nasen (clamoroso errore di trascrizione del termine corretto po našim)?
Come fanno a non intuire ed accorgersi che, ove si avveri quanto scritto nella moyione, avranno forse la grande soddisfazione di non essere considerati sloveni ma anche molte meno risorse per la tutela ed i progetti di amntenimento e sviluppo delle loro parlate?

Trieste, 30.10.2008
Igor Kocijančič
Consigliere regionale PRC – SE
Presidente gruppo consiliare La Sinistra L'Arcobaleno

Buon senso tardivo o problemi di tenuta?

Alla fine non ce l’hanno fatta a discutere e difendere un testo grondante ignoranza e pressappochismo, presentato in consiglio regionale come mozione n.12 intitolata “Richiesta di modifica dell’art. 2 della legge 15 dicembre 1999, n. 482 – tutela delle lingue denominate Natisoniano, Po-nasen e Resiano della Provincia di Udine”. A togliere le castagne dal fuoco ci ha pensato l’assessore alla cultura Roberto Molinaro, che ha proposto di rinviare la discussione del tema in coda ai lavori di questa sessione. Questo significa che quasi sicuramente la mozione non sarà discussa questa settimana, vedremo se sarà ripresentata nella sessione di novembre.
E' una mozione che si propone di elevare a rango di lingue »slavofone« o »slave storiche« alcune parlate locali o varianti dialettali della lingua slovena. L'intento non é tanto quello di salvaguardare e tutelare appositamente queste lingue quanto di sancire la loro non parentela con la lingua slovena, quasi le lingue slave fossero entità non deifnite ed avulse da una classificazione internazionale che riconduce parlate locali e varianti dialettali anche ad alcune singole lingue slave, lo sloveno sicuramente tra queste.
Ci sarebbe da ridere se non fosse che con questa manovra rischiano davvero di togliere validi strumenti di tutela a queste varianti locali, poiché immettendo autonomamente in un contesto nazionale ampio come quello della legge 482/99, ci sarà davvero il rischio di far arrivare nelle Valli del Natisone, del Torre ed a Resia molte meno risorse per la tutela, la salvaguardia e l'ulteriore sviluppo di tali peculiartità, cosa che finora é sempre stata garantita a livello dignitoso nell'ambito della legislazione nazionale vigente, senza per questo voler attribuire »patenti di slovenità« a chicchessia.

Trieste, 28.10.2008
Igor Kocijančič
Consigliere regionale PRC – SE
Presidente gruppo consiliare La Sinistra L'Arcobaleno