venerdì 21 dicembre 2012

problematiche inerenti la crisi finanziaria del settore dei traffici marittimi containerizzati e possibili ripercussioni sui porti regionali e sul porto di Trieste.-


            INTERROGAZIONE :

Il sottoscritto consigliere regionale

Premesso che la crisi dei traffici containerizzati ha investito, con un “ritardo tecnico” di un anno rispetto alla crisi finanziaria, gli scali portuali europei e nazionali appena nel secondo trimestre del 2012;
Rilevato che dalla lettura del saggio di Sergio Bologna “Il Crack che viene dal mare”, ripreso anche da alcune testate giornalistiche nazionali e disponibile liberamente sul sito del Centro Italiano Studi Container, autorevolissimo centro di ricerca di economia marittima e logistica, si evince che dopo la bolla immobiliare e dei mutui subprime sarebbe già scoppiata la bolla dello shipping nel settore dei container con epicentro europeo (Amburgo);
Preso atto che in base ad uno studio della società Alix Partner, solo nel 2011 le prime sedici flotte mondiali del settore container avrebbero perso complessivamente 6 miliardi di dollari, accumulando oggi un indebitamento presso il sistema bancario complessivamente stimato in 90 miliardi di dollari e che una parte di esse sarebbe, secondo lo stesso studio, unable to cover the interest payments – senza risorse per pagare gli interessi di questo enorme debito;
Sottolinea che, in base all’unanime giudizio dei maggiori analisti internazionali, il crack sarebbe causato dalla corsa, da parte delle compagnie di navigazione, a ordinare navi sempre più grandi e costose provocando in tal modo l’eccesso di offerta che ha causato la disastrosa caduta dei noli e la conseguente perdita di valore delle navi stesse, al punto che, come scrive l’autorevole “Frankfurter Allgemeine Zeitung”, il valore di molte navi è sceso ai livelli dei prezzi di demolizione;
Rilevato che tale condotta risponde più a logiche finanziarie che industriali, volte ad alimentare un rapporto privilegiato con le banche che sostengono queste grandi società sulla base delle quote di mercato e del valore degli asset e senza tener conto minimamente della domanda di mercato;
Rilevato che queste compagnie di navigazione, too big to fail (troppo grandi per fallire), come la CMA CGM francese o la Hapag LLoyd tedesca, costringono gli stati ad interventi straordinari per salvarle oppure per salvare le banche che si sono esposte troppo con loro – com’è il caso della banca pubblica HSH Nordbank, che può essere considerata la Lehman Brother del settore;
Ritenuto, alla luce di quanto esposto, che vadano ripensati in parte ed abbandonati per altra parte progetti fantasiosi d’investimento in opere portuali che ad altro non porterebbero se non ad un ulteriore indebolimento delle infrastrutture esistenti, oltre che a un vergognoso spreco di risorse pubbliche;

Tutto ciò premesso
Il sottoscritto consigliere regionale interroga il Presidente per sapere

1. Non ritenga opportuno agire tempestivamente in direzione di una rapida e strategica revisione generale delle politiche e degli indirizzi volti agli interventi previsti per i porti del FVG ed in particolare per il porto di Trieste?
2.  Non ritenga necessario concentrare le risorse disponibili nel potenziamento e miglioramento dell’infrastruttura ferroviarie di servizio alle aree industriali ed avviare invece nel sistema portuale regionale un potente sforzo di miglioramento ed implementazione della infrastruttura e dei servizi telematici, in modo da collocare i nostri porti nella sfera della knowledge economy e sottrarli ai puri appetiti dei signori del cemento?

            Trieste, 18 dicembre 2012                                                                                      Igor Kocijančič

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