Strano destino, quello di Trieste, città dalle potenzialità pressocché infinite, ma ahimé, inespresse (Porto, città della scienza, aree da reindustrializzare) e perennemente condannata a restare al palo. Da porto e perla dell'Impero Asburgico (forse giova ripeterlo proprio a ridosso delle celebrazioni dei novant'anni dalla prima redenzione) a palla al piede del Regno e della Repubblica italiani. Pochi investimenti, assenza totale di strategie di sviluppo degne di questo nome, norme assitenziali e asseritamente risarcitorie a sostegno dell'economia della città (Fondo Trieste), alcuni insediamenti industriali (l'ex GMT oggi Wartsila) ottenuti in cambio della dismissione del polo cantieristico, e poi, a cavallo tra gli anni ottanta e novanta, alcune norme (legge sulle aree di confine) per ottenere qualche spicciolo che non compensa affatto lo iato lasciato dalla dismissione di attività industriali e dal tramonto delle partecipazioni statali.
Allora si diceva fossero problemi derivanti dall'eccessiva vicinanza alla cortina di ferro. Caduta la cortina di ferro ha provveduto la classe politica locale, in special modo quella incarnata dal precedente ed attuale centrodestra ad elevare una cortina di fumo, la cui spessa coltre risulta più impermeabile del ferro. E' a coloro i quali oggi portano il lutto al braccio in ricordo della »scellerata« firma del Trattato di Osimo (ed ai loro predecessori) che vanno ascritte le maggiori responsabilità. Sono loro che si percuotono il petto esortando alla vocazione portuale della città tradita, salvo poi fare quadrato per negare allo scalo triestino la possibilità di dotarsi di un'area retroportuale adeguata (Fernetti) che gli consenta di recuperare quelle superfici mancanti in prossimità del mare. Sono sempre loro che antepongono le proprie misere rendite di posizione elettorale a qualsiasi ipotesi seria e strategica di sinergia con gli altri porti dell'Adriatico settentrionale.
Sono stati ancora loro, in tempi recentissimi, a promettere la chiusura dello stabilimento siderurgico di Servola, anzi ad impegnarsi di ottenerlo in tempi brevi, salvo rimangiarsi tutto pochi giorni dopo le elezioni, scoprendo improvvisamente che qualsiasi ipotesi di dismissione o trasformazione non può che passare da un confronto con la proprietà, unica vera vincitrice di una pluriennale quanto stucchevole finta querelle, nella quale gli unici ad averci rimesso sono per ora i lavoratori ed i cittadini, anche quelli illusi a più riprese da una destra senza alcun progetto politico che non sia la difesa dell'italianità. E sono ancora loro a non sapere cosa dire a fronte delle ultime novità. La Lucchini Severstal annuncia la creazione della Lucchini Energia, preannuncia la costruzione di una seconda centrale elettrica alimentata a gas, eventualmente autonoma dal futuro rigassificatore di Gas Natural e preannuncia quindi un'ipotesi di cosiddetta diversificazione della produzione che potrebbe preludere anche al superamento della siderurgia, prodromo di una prossima conversione di Trieste a polo energetico e vocazione portuale finalmente realizzata (piattaforma logistica, nuovi moli). Potrebbe essere la quadratura del cerchio se non fosse per un particolare non da poco: i numeri svelati rivelano che anche ove tutto andasse, da qui in poi, secondo i piani di Lucchini Severstal e degli asseriti sostenitori del rilancio del porto, alla città rimarrebbe un problema di almeno cinquecento esuberi, perché l'ipotetica filiera virtuosa azzardata giorni fa sul quotidiano locale (rigassificatore + seconda centrale Lucchini + piattaforma logistica + bonifiche ) potrebbe servire ad occupare 500 persone per quattro anni nella fase di costruzione dei nuovi impianti), mentre a regime resterebbero forse 300 posti di lavoro »buoni«. La città si ritroverebbe con un saldo negativo di circa 700 posti di lavoro solo considerando la Ferriera di Servola. Noi sappiamo, l'abbiamo scritto e documentato, che in questi ultimi sei anni a Trieste é già stata chiusa una Ferriera, se prendiamo in esame tutte le situazioni di crisi aziendali della nostra provincia (l'ultimo esempio é la Stock, che non é in crisi ma delocalizza la sede operativa ad ovest e la produzione ad est, presumibilmente nella Repubblica Ceca, quindi in ambito UE), sappiamo che gran parte delle lavoratrici e dei lavoratori posti in mobilità in questi ultimi anni non sono stati ricollocati (Olcese, Eurand, Demont, Meloni, Veneziani, Smolars, Utat, Universaltecnica, Lloyd Editoriale e Stock, appunto), per un totale di 498 lavoratrici e lavoratori che non hanno ricevuto risposta alla propria effettiva condizione di crisi.
Oggi si riapre l'ennesima discussione sulle prospettive future di Trieste, dimenticandosi che Lucchini aveva ipotizzato la costruzione di una seconda centrale elettrica già molti anni orsono (ai tempi dei tavoli convocati dall'allora assessore regionale Dressi) e nell'anno di grazia duemila sembrava che tra centrale di cogenerazione della Elettra GLT SpA e (allora) nuovo inceneritore gestito da Acegas Spa il teleriscaldamento avrebbe servito più di cinquantamila unità abitative della nostra città, a tariffe stracciate.
Oggi ci riprovano. Il centrodestra continua a vendere fumo, il grande capitale industriale continua muoversi a proprio agio ed a trarre profitti alimentandosi dalla cortina fumogena che serve, se non altro, a prendere i voti per governare comune e regione. Stanno già disegnando la mappa del nuovo fronte mare industriale ad est (nuove banchine e moli, piastra logistica, nuova centrale elettrica a gas, nuovo inceneritore, bonifica del sito di interesse nazionale), ad ovest avremo il salotto buono. Porto vecchio riqualificato e Parco del mare. Devono spiegarci ancora dove prenderanno i soldi: Lucchini Severstal afferma che la nuova centrale comporta un investimento da 300 milioni di euro, la piastra logistica ne valeva 278 tre anni fa (di cui disponibili 78), le bonifiche costano altrettanto. A spanne, e per difetto, sarebbero quasi 900 milioni di euro. Chi ce li mette?
Intanto il premier Berlusconi ha chiuso il vertice italo – tedesco impegnandosi a tenere il prossimo G8 degli esteri nella nostra città: proporre di nuovo un G8 sull'ambiente a Trieste sarà sembrato eccessivo anche al re dei buontemponi.
Trieste, 19.11.2008
Igor Kocijančič
Consigliere regionale PRC – SE
Presidente gruppo consiliare La Sinistra L'Arcobaleno
giovedì 20 novembre 2008
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